La mia fotografia e la scultura di Roberta Morzetti
La scultura di Roberta si lascia esplorare e io amo esplorare i dettagli delle cose, la materia di cui le cose sono fatte. Spesso mi lascio ipnotizzare dalle forme e dai colori che molti materiali assumono quando si degradano, perché degradandosi rivelano una struttura.
Inquadrando rottami, crepe, e strappi scopro forme con un senso, delle proporzioni, delle profondità astratte, oppure evocative fino al limite del figurativo. Ho imparato a comporre le mie foto macro dagli artisti informali, dal grande astrattismo, dall’architettura moderna e contemporanea.
Fin qui parliamo di scoperte fatte imbattendomi in oggetti inanimati, morti o degradati ad autentica monnezza, in cui i valori formali che cerco di esaltare sono non-intenzionali, perchè nessuna persona li ha ricercati e messi in atto prima che arrivassi io a cercare l’inquadratura.
Indagine molecolare
L’avventura del progetto Ro-Ma, sulle opere di Roberta invece è una nuova scoperta. Si è trattato di perlustrare con la mia lente macro la materia di cui sono fatte le sue opere, studiare sulla loro sostanza, insomma condurre una vera indagine molecolare sulla sua arte. Nel fare questo lavoro su quattro sue composizioni mi sono accorta di come il percorso artistico di Roberta si sia evoluto. Riconosciamo il fare, l’accumulare materiali, modellarli, bruciarli, fonderli e dipingerli. Il mio è stato un viaggio in paesaggi interiori mutevoli, terribili o incantevoli come gli stati d’animo che guidano Roberta nella sua ricerca espressiva.
Ho scoperto quindi che perfino nel dettaglio, perfino perdendo per un attimo la visione d’insieme, riusciamo a riconoscere il percorso di questa ricerca. Dalle inquietudini di C5-C7 al risveglio di Coriandoli, poi a BebéBangBang (esposto al MAAM di Roma). per approdare a R-esistenza, poi a Bona-Dea, nel parco di Amatrice. L’osservazione intima e ravvicinata ci fa stare molto vicini all’interiorità di Roberta, alle sue lotte, alle sue vittorie.
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